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Ex Ilva Taranto, ancora cassa integrazione: è scontro frontale con la città

Altri mille operai in Cassa Integrazione nello stabilimento ionico

ex Ilva
foto Sito ArcelorMittal - da archivio

Giunge come l’ennesimo acquazzone su un territorio oramai duramente provato da una inondazione.

Arcelor Mittal Italia mette in cassa integrazione un migliaio di altri operai dello stabilimento siderurgico ionico, e acuisci la crisi economica del territorio, suscitando le proteste della politica e istituzioni locali.

Borraccino: “Inaccettabile, chiediamo l’intervento urgente del governo centrale”

Gli ulteriori e immotivati collocamenti in Cassa Integrazione di altri 1000 addetti circa dello stabilimento ex Ilva di Taranto, comunicati in queste ore ai diretti interessati da Arcelor Mittal, rappresentano un grave e inaccettabile atto di arroganza e protervia dell’azienda che continua a calpestare la dignità di questo territorio e quella dei lavoratori.” E’ quanto dichiara Cosimo Borraccino, assessore allo sviluppo economico della Regione Puglia, che da tempo chiede un intervento risolutivo del governo centrale che conduca alla nazionalizzazione dello stabilimento ionico.

“Quel che più sconcerta, afferma Borraccino, è che questa scelta, che inevitabilmente avrà ripercussioni pesanti sul piano sociale in un momento già gravissimo per l’economia nazionale, non sia stata neanche preventivamente comunicata ai sindacati, nonostante proprio ieri si sia svolto un incontro tra le parti per discutere di alcuni blocchi e ritardi nella ripartenza di impianti e reparti.
Di fatto ora stabilimento andrà avanti con soli 2 mila addetti.
Sono ore di sgomento ed incredulità in fabbrica.
C’è quasi uno stato di smobilitazione, con disorientamento dei residui 2000 operai che restano sugli impianti.
Davvero così non si può andare avanti! Servono indirizzi chiari da parte di chi in questo anno di gestione ha mostrato solo di saper disattendere gli accordi presi con istituzioni, sindacati e città.

A tutto questo bisogna aggiungere anche la questione dei ritardi nei pagamenti, da parte di Mittal, alle aziende dell’indotto che aspettano da mesi le liquidazioni di lavori fatti anche molto tempo fa, non potendo più sopportare rinvii che mettono seriamente a rischio l’esistenza stessa di molte piccole e medie aziende di questo territorio.

A questo punto – afferma ancora l’assessore regionale allo sviluppo economico – ritengo indispensabile che Arcelor Mittal chiarisca quali siano le reali motivazioni alla base di questa scelta e richiamo con forza la multinazionale al rispetto degli accordi sottoscritti con le istituzioni del nostro Paese e con quelle locali, non essendo più tollerabile che si continui a disporre, con una tale leggerezza, della vita di migliaia di persone in un intero territorio già gravemente ferito sotto il profilo sociale, sanitario e ambientale, che ormai ogni giorno si chiede cos’altro possa aspettare da questi nuovi “padroni dell’acciaio”.

Auspico anche un intervento da parte del Governo centrale affinché, da un lato, si faccia carico di convocare Arcelor Mittal, richiamandola al rispetto degli impegni assunti, e, dall’altro approvi quanto prima il Decreto Legge per Taranto annunciato qualche mese fa nel corso della visita del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel capoluogo jonico.

A questo proposito esprimo il mio apprezzamento per l’iniziativa assunta dal Sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, e dal Presidente della Provincia di Taranto, Giovanni Gugliotti, i quali, con una nota trasmessa nei giorni scorsi, hanno rivolto un condivisibile e accorato appello direttamente al premier Conte, evidenziando la necessità di un tempestivo intervento da parte del Governo per fornire risposte alle esigenze della città.

Le condizioni economiche, sociali e ambientali di questo territorio – conclude Borraccino – impongono un’assunzione di responsabilità larga e condivisa e non è più rinviabile il tema del rilancio di Taranto attraverso un investimento forte in termini di risorse per affermare un nuovo modello di sviluppo, al quale il Governo regionale crede fortemente, che sappia coniugare lavoro e ambiente, sottraendo la città da quel ricatto occupazionale che, da anni, la tiene sotto scacco.
La Regione Puglia, con in primis il Presidente Michele Emiliano, sarà al fianco di cittadini e lavoratori in questa grande sfida, come sempre fatto, a tutela di salute, ambiente e tutela dei lavoratori.

D’Amato: “AMI inaffidabile, ora chiusura area a caldo e riconversione”

foto Social Rosa D’Amato

Aver messo in cassa integrazione 1000 lavoratori nel giro di una notte senza neanche un preavviso, come successo all’ex Ilva di Taranto, mostra ancora una volta l’inaffidabilità di ArcelorMittal.” Lo dichiara l’eurodeputata del Movimento 5 Stelle, Rosa D’Amato.

“Avevamo denunciato già le scarse misure di sicurezza attuate dall’azienda durante la pandemia – incalza l’esponente pentastellata ionica, ma nonostante questo l’impianto ha continuato a produrre. Ora si usa la crisi del coronavirus per attuare un piano di esuberi già minacciato ben prima della pandemia. Mentre la multinazionale distribuisce dividendi e incassa, proprio grazie ai licenziamenti all’ex Ilva, decine di milioni di euro dalla vendita delle quote di emissione dell’ETS dell’Ue. E’ ora che si pensi al futuro di Taranto.

L’area a caldo dell’ex Ilva va chiusa – afferma Rosa D’Amato, gli operai messi in cassa integrazione vanno reimpiegati nelle bonifiche e bisogna accelerare subito sulla riconversione economica del territorio. A tal fine ci saranno a breve i fondi del Just Transition Fund, su cui noi del M5S ci stiamo battendo a Bruxelles per difenderli da chi, come la Lega, vorrebbe distorglieli da Taranto, e per aumentarne la dotazione e consentire a più territori di usufruirne. Insomma, gli strumenti per dire basta ai ricatti di ArcelorMittal ci sono. Basta scuse“.

I sindacati: “ArcelorMittal Italy Energy solo un castello di sabbia”

Ad aggiungere ulteriore tensione, c’è anche la questione legata alla operatività della società Arcelor Mittal Italy Energy, composta dalle centrali site all’interno dello stabilimento, alimentate dai gas siderurgici del processo dell’acciaieria, attraverso i quali viene prodotta energia elettrica che alimenta l’intero stabilimento.

Sul destino della società si sono espresse le segreterie territoriali ioniche di Filctem CGIL, Giordano Fumarola; Flaei CISL, Francesco Solazzo; Uiltec UIL, Amedeo Guerriero; UGL Chimici, Alessandro Calabrese, con una nota che riassume lo stato della situazione.

Società strategica per l’impatto ambientale – si legge nella nota sindacale, rientrata nell’acquisizione di vendita di ramo d’azienda con l’accordo del 6 settembre 2018, che venne definito “ 0 esuberi”, in cui c’era un entusiasmante progetto di bonifica e ambientalizzazione che sarebbe dovuto essere portato a termine dai lavoratori temporaneamente, messi in Cigs, per i quali era stato ben definito un piano di rientro nella società acquisitrice, divenuto un miraggio.”

“Per le Segreterie Territoriali – conclude la nota sindacale, lavorare in AMIE significa lavorare in un castello di sabbia che prima o poi crollerà come le certezze, la fiducia e le speranze che i lavoratori avevano posto nel grande colosso multinazionale dell’acciaio nel 2018. L’incontro è terminato con un nulla di fatto, le Segreterie Territoriale hanno ritenuto non valida la richiesta di apertura della suddetta cassa, rigettando al mittente la richiesta.

L’azienda unilateralmente avvierà la CIGO a partire dal 18 maggio sotto la propria responsabilità, un atteggiamento questo che le OO.SS. pare essere preludio di una crisi di più ampio respiro non strettamente legata all’emergenza epidemiologica.”

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